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La fabbrica e la sua voce

trame sonore dell'industria biellese

installazioni di Luca Bergero e Luca Sigurtà - fotografie di Manuele Cecconello

Pray Biellese, "Fabbrica della ruota" dal 6 maggio al 3 giugno 2007
apertura: domenica ore 15/18.30 gli altri giorni su appuntamento per gruppi e scolaresche (0157388393)

Luca Bergero e Luca Sigurtà si aggirano per settimane negli stanzoni dell'ex Lanificio Zignone con strumenti elettronici che possono usare solo in presenza del silenzio. Sistemano il notebook, collegano schede audio e microfoni, tendono cavi qua e là, spostano oggetti e mettono in funzione ingranaggi, leve, ruotismi di telai, filatoi, carde. Infine vi accostano i sensibilissimi ricevitori sonori e traggono dalle macchine dismesse della vocazione industriale biellese la loro voce antica, e non solo. Essi isolano, elevano, sostanziano, identificano e scompongono la messe di suoni che un secolo di industria tessile ha memorizzato nelle nervature della ghisa delle macchine e nella tensione di molle, passanti, fermi e manovelle. Il mistero della telodinamica - il trasporto a distanza dell'energia prima della corrente elettrica, caso unico in Italia per integrità quello di Pray - si dipana dentro ai microfoni dei due "field recorder" come finalmente liberato del suo carico sonoro innato, armonia d'acqua e di salti di altezza che produce il movimento ruvido degli alberi di trasmissione, l'attrito pertinace delle pulegge, delle cinghie di cuoio.

La muscolatura della "Fabbrica della ruota" ritorna a muoversi oggi producendo un senso catturato dagli apparati elettronici e interpretato dai due Luca sotto una nuova forma. A partire dallo scrosciare dell'acqua del torrente Ponzone - quel torrente, in quella precisa parte di Valsessera, passando dalle frizioni metalliche dei macchinari - quei macchinari, azionati in quel modo, dentro a quei locali originari, per giungere agli infiniti fruscii di quelle stoffe cardate in pura lana, approdo finale del lavoro di centinaia di operai e dei clangori - a volte assordanti, battenti, percussivi, altre volte più astratti, informi, ottusi - delle batterie dei telai. Dunque, il silenzio ritagliato attorno ai suoni della fabbrica da Bergero e Sigurtà dà una nuova dimensione alla memoria del lavoro. Nel tempio freddo del lanificio, un vibrare di onde fantasma, di risonanze intrecciate e ricomposte, di flebili ronzii e spaventosi impatti isolati, si fondono in un corpo di metallica, lancinante surrealtà, e il caos sovrano dei reparti tessili - esiziale per l'udito di generazioni di operai - si fa canto elegiaco, dignitoso e non nostalgico, di un'epoca in cui la durezza del pane quotidiano faceva anelare al più sacro dei silenzi.

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