Organizzato da "Storie di Piazza" e A.N.P.I., l'evento e' programmato per domenica 5 ottobre alla "Fabbrica della ruota" con inizio alle ore 17.

La musica può reinterpretare il reale regalando suggestioni ed evocazioni.
In questo evento musicale del 5 ottobre, in uno spazio suggestivo quale quello della “Fabbrica della ruota”, dove il lavoro si percepisce e si respira, si incontrano esperti e ricercatori della musica tradizionale, che si alternano per raccontare e proporre al pubblico alcune pagine di storia di un passato contadino e operaio.
Rievocheranno i suoni di questo mondo Sergio Pugnalin, alla chitarra, al mandolino e alla voce; Raffaele Antoniotti all'organetto diatonico; Simona Colonna al violoncello e alla voce, che in una prima parte in cui ci trasporteranno in un'Italia contadina ed operaia. Nella seconda parte i Quinta Rua dedicheranno un concerto alle canzoni “in disaccordo”.
Partiamo dalla II guerra mondiale con un Paese e una Società messi a dura prova dal conflitto ma che riuscirono a resistere, a reagire, a sollevare la testa. Le canzoni popolari dell’epoca risentono del periodo storico d’appartenenza sono segnate dalla guerra, dal Ventennio, dall'emigrazione, dagli stenti. Sofferenza e lotta, ma a anche ironia e voglia di rinascita, che lasciarono traccia anche nelle canzoni.



Nella seconda parte I Quinta Rua presentano “CantO ContrO”, Canzoni in Disaccordo



Le Rivolte, e le Resistenze, sono come un fiume carsico che scorre sottotraccia al cammino della Storia; improvvisamente emergono in superficie, all’improvviso, dove non te lo aspetti, per poi scomparire, a volte senza lasciare tracce apparenti, a volte dopo aver modificato per sempre il paesaggio intorno.
Le canzoni, provenienti dalla tradizione europea e non solo sono canzoni in disaccordo: dai Catari a Fra Dolcino dai Briganti, agli immigrati, dagli Operai tessili che hanno lottato e sono morti per rivendicare un lavoro più umano e dignitoso, ai Partigiani che hanno vinto la guerra ma hanno perso la pace.
Le canzoni in disaccordo vogliono affermare che le rivolte sono inestirpabili, gli uomini oppressi prima o poi si uniscono e fanno vacillare e crollare il potere,«Soggette al ricatto assoluto della sopravvivenza, queste persone improvvisamente trovano lo spunto per unirsi in maniera orizzontale. Per opporsi, mettersi in urto, chiedere qualcosa che può migliorare la loro vita. [...] Per questo le rivolte sono inestirpabili». E. De Luca













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