Presentazione libro
Sabato 24 novembre, ore 17.30: presso la sala conferenze del Museo del Territorio di Biella presentazione del libro di Danilo Craveia Petali in rima, giardini in versi. Fiori e piante nella poesia biellese, edito da Garden Club Biella in collaborazione con il DocBi.
Con il contributo di Ugo e Tommaso Talpo (Allianz Bank), Luca Lovero (Sinflex) e Ing. Alberto Varnero L'accostamento di rime e versi a fiori ed essenze vegetali è tra i più spontanei e usuali. Letterale, metaforico o simbolico che sia, il richiamo dei petali e delle foglie, di giardini o di boschi è sempre stato intenso e vincente. Amore e morte, fede e vita, ricordo e speranza, etica ed estetica... tutta la poesia parla di o con i fiori. La poesia "floreale", forse più di qualsiasi altro tipo di ispirazione poetica, si coniuga con la caducità delle esperienze, delle emozioni, dei sentimenti e dell'esistenza in generale. Quella biellese "campionata" nelle pagine del libro Petali in rima, giardini in versi (curato da Danilo Craveia) non rappresenta di certo un'eccezione, anzi. Nei quasi quattro secoli, dall'inizio del Seicento alla fine del Novecento, entro cui ha attinto la selezione delle 100 poesie (ri)proposte, i poeti biellesi non smettono di riferirsi ai fiori, di evocarli o di elencarli, di tramandarli senza soluzione di continuità. Scegliere gli autori (in tutto 56, incluso un anonimo e un "presunto") ha comportato notevoli difficoltà, così come la scelta delle singole opere della loro più o meno consistente produzione. I biellesi hanno sempre poetato, molti di loro hanno poetato scrivendo di/con/per i fiori. Uomini e donne di tutte le età e di tutte le estrazioni sociali, con istruzione o senza, con capacità o senza: il grande spettacolo è continuato e continua, e tutti quanti - parafrasando Walt Whitman - hanno contribuito e contribuiscono non solo con un verso, ma con centinaia e migliaia di versi. In questa raccolta, in effetti, c'è un universo di variazioni sul tema e di variabili storiche, socio-economiche, antropologiche e psicologiche che rendono cacofonico e dissonante un insieme di voci che, volutamente, non doveva presentarsi come un coro. Le differenze sono state cercate ed esaltate (anche tramite giustapposizioni non casuali, per esempio due poesie sull'ortica o due che hanno a che fare con il famigerato ponte di Sordevolo), i diversi livelli di sensibilità, di sintassi e di stile sono stati evidenziati includendo nel novero, accanto a versi straordinari, lavori meno che mediocri, infantili a volte e apparentemente privi di qualsivoglia valore. Ma in fondo, è davvero così? E' meglio osservare questi fiori, apprezzarne l'aroma, confrontarli tra loro, ma con attenzione e clemenza. E, più ancora, con la curiosità di scoprire penne obliate, magari un tempo celebrate, ma ormai dimenticate dai più. O addirittura "nuove" in assoluto. L'idea era quella di rendere questi fiori raggiungibili a chiunque, di far apprezzare ai più la varietà delle essenze. Le rose sembrano occultare tutte le altre, ma tra le spine del fitto rosaio fanno capolino le ginestre (nella prima e nell'ultima poesia, come ad aprire e chiudere un cerchio l'arbusto caro a Leopardi), spuntano margherite e viole, gli iris e i nontiscordardimé, i gigli e i ciclamini, le genziane e le primule. E poi si innalzano le querce e gli abeti, stormiscono al vento le betulle e i meli, i noccioli e i faggi. Tutta questa flora affresca non un Biellese solo, ma molteplici, tanti paesi e villaggi, tanti ambienti e paesaggi che, in alcuni casi, non esistono più. La poesia, infine, accompagna la Storia e la storiografia del Biellese da sempre. Nella "Chronica Bugellae" di Jacopo Orsi del 1488 si trovano due carmi. Non trattano temi floreali, ragion per cui non si trovano in questa raccolta, ma è importante sottolineare che la prima opera "storiografica" locale faccia ricorso (come accadeva altrove, s'intende) anche ai versi, perché realtà e fantasia, cronaca e poesia, non si devono/possono/vogliono disgiungere. Ciò nonostante, né l'Orsi né altri autori importanti della letteratura locale, che pure hanno pubblicato versi "biellesi", hanno potuto trovare spazio nel compendio. Per la stessa ragione, la mancanza di rimandi a fiori o piante, a petali o a giardini ha cagionato l'assenza nelle pagine del volume del più ovvio tra tutti i poeti che hanno celebrato Biella e il Biellese, ossia Giosué Carducci (e con lui alcuni altri che di primo acchito possono apparire come assenti ingiustificati). A dire il vero, tra le righe di un suo ammiratore (Beppe Mongilardi), l'Enotrio, cioè il Carducci, si palesa in controluce, ma si tratta di un libro di corolle olezzanti, non di camini fumanti. | |
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