Prefazione
di Giovanni Vachino
(da I santi sui muri, Biella, DocBi, 2009) Lo studio della pittura devozionale nelle sue varie espressioni ha costituito uno dei principali settori dell’attività di ricerca svolta dal DocBi fin dalla sua costituzione. Sono infatti trascorsi oltre venticinque anni dal 1983, quando venne inaugurata, al santuario della Brughiera, una mostra dedicata alla pittura votiva nel Triverese.1 L’allestimento di quella mostra segnò il primo passo del progetto, impostato alla fine degli anni Settanta, che trova oggi il proprio compimento con la pubblicazione del repertorio dei dipinti a soggetto religioso presenti nel territorio della provincia di Biella e in alcuni comuni limitrofi. Può essere utile descriverne lo sviluppo e le problematiche anche per attribuire un doveroso riconoscimento a quanti hanno lavorato a questo progetto nell’arco di un trentennio. Completata la schedatura e un primo studio dei dipinti e delle tavolette votive del Triverese, eseguito in collaborazione con Ido Novello che ne curò anche il restauro, venne spontaneo in chi scrive estendere progressivamente la ricerca, corredata dalla documentazione fotografica, a tutto il territorio biellese. Questo primo censimento consentì di individuare e schedare 854 dipinti; di questi risultati preliminari venne data notizia in un contributo pubblicato nel Bollettino Docbi «Studi e ricerche sul Biellese» del 1993. Negli anni Ottanta il DocBi aveva avviato la propria attività con forze e mezzi limitati; non era possibile, allora, impostare un progetto di schedatura di ampio respiro che avrebbe necessariamente comportato un impegno troppo rilevante. Nel corso degli anni Novanta le forze e le risorse dell’associazione vennero concentrate sulla schedatura e sullo studio delle tavolette votive esposte nei santuari biellesi, condotti da Angelo Stefano Bessone e Sergio Trivero, che trovarono riscontro nella pubblicazione di varie monografie. Negli anni successivi il censimento dei dipinti murali continuò ad essere integrato occasionalmente e, nel contempo, venne progressivamente sviluppata la ricerca iconografica e bibliografica inerente all’argomento attraverso l’analisi di varie fonti. Tale ricerca ha portato al ritrovamento di una interessante documentazione d’epoca2 e alla raccolta di una serie di testimonianze, che vanno ad arricchire il patrimonio di conoscenza di questo fenomeno. Grazie alla disponibilità di Alfonso Sella è stato possibile acquisire la preziosa documentazione fotografica compresa nella schedatura da lui iniziata fin dai primi anni Sessanta nell’ambito dell’attività del Centro Studi Biellesi, da lui stesso fondato, poi confluito nel DocBi. Tale schedatura non riguardava in modo specifico i dipinti murali ma comprendeva molteplici aspetti dell’ambiente, della flora, del paesaggio, dell’architettura, dell’arte, della cultura materiale del Biellese e delle aree limitrofe, oltre che delle mete dei numerosi viaggi di Alfonso. L’occhio addestrato e l’interesse dell’artista che sapeva “vedere” non mancò di documentare alcuni dipinti di particolare pregio ed interesse che, in molti casi, non è stato in seguito possibile rintracciare a causa della loro distruzione. Un’altra fonte utilmente analizzata è quella delle cartoline d’epoca, nelle quali, peraltro, i dipinti devozionali non sempre costituiscono il soggetto principale: a volte compaiono nell’immagine casualmente, altre volte invece ne determinano l’inquadratura. In alcuni casi l’immagine stampata fornisce una preziosa testimonianza: è questo il caso di una fotocartolina che documenta, con tanto di datazione, la “trasformazione” di un dipinto raffigurante la Madonna d’Oropa in una nicchia che ne contiene la statua, probabilmente a seguito dei lavori di ristrutturazione dell’edificio. Lo stesso vale per le fotografie d’epoca: anche in questo caso il dipinto può comparire nell’immagine casualmente, ad esempio sul muro che fa da sfondo ad un gruppo di coscritti (Crosa, n° 1). La pubblicazione di alcuni articoli sulla stampa locale e la presentazione della ricerca nell’ambito di varie conferenze e proiezioni organizzate dal DocBi avevano nel frattempo stimolato un certo interesse attorno all’argomento dei dipinti murali, favorendo l’attuazione di altri censimenti in ambito locale. È questo il caso della Scuola media di Mongrando, del Gruppo Culturale Biogliese e di singoli ricercatori come Sergio Marucchi, il quale ha pubblicato uno studio nei «Quaderni Rongesi», e di Ilario Guelpa Piazza, che ha dedicato a questo argomento un capitolo nell’ambito della sua pubblicazione Alle origini di Camandona. La riscoperta del patrimonio iconografico devozionale iniziava a travalicare i confini del Biellese anche a seguito della crescita di interesse attorno a questo patrimonio artistico un tempo ritenuto “minore”; ne è testimonianza la corrispondenza con Federico Zeri, che negli ultimi anni del suo straordinario percorso di storico dell’arte aveva riscoperto l’importanza della pittura votiva, dichiarando il proprio interesse riguardo all’operazione di censimento in atto nel Biellese.3 Nell’anno 2000, con l’intento di completare ed informatizzare la schedatura dei dipinti, integrandola – specie nelle zone del Biellese occidentale, rimaste meno “coperte” – venne assegnato un incarico a tre architetti neolaureati, Roberto Janno, Roberto Jorioz e Milena Perrone, i quali nell’arco di circa un anno portarono a termine il lavoro. Ne risultò una schedatura, arricchita con i nuovi dipinti rinvenuti, che venne raccolta in dodici fascicoli suddivisi geograficamente. Questo repertorio è stato affidato, per una completa revisione in vista della sua pubblicazione, ad Angelo Stefano Bessone e Sergio Trivero, autori di una serie di studi dedicati alla pittura votiva.4 Al fine di controllare ed integrare ulteriormente la schedatura e la documentazione fotografica dei dipinti che presentava ancora diffuse carenze, è stata attivata nel 2006 un’ulteriore verifica mediante il coinvolgimento dell’Ecomuseo del Biellese attraverso un “progetto di sistema” finanziato tramite la Legge regionale 31/95. Nell’ambito dell’Ecomuseo della Valle Elvo si era appena costituita una nuova “cellula”, presso il santuario di Graglia, dedicata proprio alla religiosità popolare. Questa operazione si è rivelata particolarmente complessa da gestire sia per il numero dei rilevatori coinvolti e sia per la difficoltà nel rintracciare i dipinti, molti dei quali erano nel frattempo scomparsi, ed ha richiesto più di due anni per essere completata.5 Al termine di questa operazione Angelo Stefano Bessone ha quindi prodotto un’analisi del fenomeno che avrebbe costituito l’introduzione alla pubblicazione del corpus dei dipinti devozionali che stava ormai prendendo forma. Dati quantitativi, localizzazione, datazione Sono stati censiti complessivamente milletrecentosettanta dipinti. Millecentotrentanove sono qui pubblicati. Di questi alcune decine non esistono più ma la loro immagine comunque fa parte del patrimonio iconografico che era un tempo molto più consistente. I dipinti sono stati realizzati prevalentemente nella fascia collinare e montana del territorio biellese; sono infatti relativamente pochi quelli esistenti nei comuni della pianura. Si nota una concentrazione in un numero limitato di comuni e borgate del Biellese orientale; infatti ben 902 dipinti, corrispondenti al 66% dell’intero corpus, sono concentrati in soli venti comuni,6 quasi tutti suddivisi in un gran numero di frazioni e borgate. Altri venti comuni ne conservano complessivamente 271; i rimanenti 193 dipinti sono conservati nei restanti quarantuno comuni, mentre cinque risultano privi di dipinti. La maggior parte dei dipinti, ben 552, circa il 40% del totale, è stata eseguita nel XIX secolo, 290 nel XX; in ordine decrescente seguono poi il XVIII con 138 dipinti, 41 sono databili al XVII secolo e 35 al XVI, dieci risalgono al XV. La dimostrazione che la pratica della pittura devozionale è tuttora in atto trova conferma nei 40 dipinti eseguiti nei primi anni del secolo appena iniziato. Quest’ultimo dato va considerato per difetto, dal momento che alcuni dei dipinti più recenti non sono stati compresi nella schedatura. Esaminando l’elenco dei soggetti raffigurati qui pubblicato emerge evidente la netta prevalenza della Madonna di Oropa, come era facile prevedere. L’iconografia oropea è presente ovunque, ma non mancano aspetti curiosi: uno tra tutti è la consistente presenza della S. Sindone, raffigurata in undici dipinti, a conferma del fatto che la provincia di Biella è, tra quelle del Piemonte, la più ricca di sue immagini. Gli autori Sono stati individuati oltre centoquaranta autori. Molte di queste personalità sono sconosciute, e lo resteranno probabilmente per sempre se si considera che non pochi dipinti sono stati eseguiti dagli stessi “committenti”. Altri autori potranno invece essere individuati attraverso confronti e nuovi percorsi di ricerca che certamente metteranno in risalto alcune delle personalità più rilevanti. Varie attribuzioni sono state fatte tramite confronti con i dipinti eseguiti all’interno dei piloni votivi, oppure negli oratori frazionali che, in alcuni casi, riproducono gli stessi temi e gli stessi stilemi rispetto ai dipinti devozionali. Tra gli autori dei dipinti vi sono anche alcuni pittori girovaghi, ai quali in cambio della loro opera a volte era offerta soltanto l’ospitalità. Questa particolare categoria di artisti, che hanno prodotto opere caratterizzate dalla spontaneità espressiva, si è estinta nel periodo immediatamente successivo al secondo evento bellico e non era forse troppo diversa rispetto alle più note e studiate botteghe dei De Bosis e dei Cagnola, attive tra Quattro e Cinquecento. Non mancano, tra gli autori, artisti di buon livello specializzati nella produzione devozionale, come ad esempio la famiglia Mazzietti di Caprile. I fratelli Pietro e Giovanni, con Emilio, figlio di Pietro, attivi negli ultimi decenni dell’Ottocento, rappresentano un esempio significativo: sono infatti autori di centinaia di ex voto conservati nei santuari biellesi e furono anche ricercati decoratori di chiese da Trivero fino ad Arborio. Pietro è l’autore del dipinto che raffigura la sconfitta di fra Dolcino eseguito all’interno della chiesa Matrice di Trivero nel 1882.7 Emilio (1876-1919) è probabilmente l’autore più prolifico; a lui sono da attribuire decine di dipinti, molti dei quali firmati. Altro “pregiato artista” autore di alcuni dipinti è Antonio Ciancia (1822-1890), anche lui originario di Caprile e zio dei fratelli Mazzietti. Fu architetto e professore di disegno specializzato nella decorazione delle chiese; oltre cinquanta sono quelle da lui decorate in tutto il Piemonte. Il Ciancia ha lasciato numerose opere anche nel Biellese che sarebbe opportuno studiare. Ad un autore attivo nel Biellese orientale definito “Maestro di Roasio”, le cui opere sono caratterizzate dalla particolare forma della cornice e dall’ampio drappeggio del manto della Madonna di Oropa, sono stati attribuiti vari dipinti eseguiti nella prima metà del XVIII secolo. Altri autori, attivi nell’Ottocento, meritano almeno una citazione per il numero consistente di dipinti realizzati, come nel caso di Luigi Sogno, attivo nella valle Strona, Julio da Bioglio, Giuseppe Maffei e altri. Lo stato di conservazione dei dipinti Nella scheda di rilevamento è compresa anche l’indicazione dello stato di conservazione del dipinto. Si tratta di un parametro soggettivo ma utile per fornire un quadro generale della situazione. Dall’analisi dei dati raccolti risulta che il 48% dei dipinti versa in condizioni accettabili o buone, il rimanente 52% risulta invece in condizioni mediocri o cattive. Una ventina di dipinti sono totalmente illeggibili mentre altri duecentonove, compresi nella prima schedatura, sono ormai scomparsi. Occorre d’altra parte rilevare come nel corso degli anni siano invece ricomparsi dipinti in precedenza sconosciuti. Questa fortunata situazione si è verificata, a seguito dell’esecuzione di lavori di ristrutturazione, a Trivero Gioia (n° 33) e a Guarbabosone (n° 12). Davvero singolare il ritrovamento di un dipinto secentesco raffigurante San Carlo, originariamente realizzato sulla facciata esterna di un’abitazione a Trivero. Il dipinto, poi coperto a seguito della costruzione di un nuovo corpo di fabbrica, è stato recentemente riscoperto nel momento in cui è stata rimossa la pavimentazione dell’edificio aggiunto. La tutela dei dipinti, oltre che dalle Soprintendenze, è – come nel caso di Trivero – teoricamente assicurata anche dal Piano regolatore comunale che ne prevede appunto la conservazione; tuttavia questa tutela non ha effetti pratici, come è dimostrato dalla recente distruzione di quattro dipinti a Barbato e Zoccolo. Si devono purtroppo registrare anche deliberate cancellazioni “giustificate” da motivazioni religiose che non tengono minimamente conto del valore artistico e culturale del dipinto, e neppure del significato che lo stesso assume per la comunità locale.8 Una delle cause principali della perdita di questo patrimonio iconografico va ricercata nella modificazione della composizione delle acque meteoriche. Il fenomeno delle “piogge acide” ha infatti comportato, nel corso degli ultimi decenni, il deterioramento di molti dei dipinti più esposti, che negli anni Settanta del secolo scorso risultavano in condizioni ancora accettabili. Il protrarsi della ricerca nell’arco di trent’anni ha reso infatti possibile una valutazione dello stato di conservazione dei dipinti estesa ad un lungo periodo. Dall’insieme di quanto sopra espresso deriva la convinzione che questo patrimonio, nella sua complessità, debba essere considerato a rischio; infatti il degrado subito dai dipinti nel corso degli ultimi tre decenni supera ampiamente quello dei due secoli precedenti. Il rapido degrado del patrimonio iconografico devozionale non può essere contenuto, se non in minima parte, dagli interventi di restauro che sono stati eseguiti già nell’Ottocento. In effetti dalla schedatura risulta che ben 148 dipinti sono stati “restaurati”, ma nella maggior parte dei casi si tratta di ridipinture eseguite senza alcuna particolare attenzione nei confronti del dipinto originario. Mantenendo fede alla duplice anima del DocBi, quella indirizzata verso la documentazione e quella finalizzata alla tutela, di alcuni di questi dipinti è stato promosso il restauro, in sinergia con le Soprintendenze e in collaborazione con alcune Amministrazioni locali che hanno dimostrato particolare attenzione alla conservazione del proprio patrimonio culturale; va citato, ad esempio, il comune di Guardabosone, forse il primo a farsi carico di un intervento di tutela esteso a tutti i dipinti presenti nel territorio comunale. La scelta di intervenire in alcune aree specifiche è stata motivata dalla necessità di preservare dipinti ai quali è stato attribuito un particolare significato: è questo il caso della frazione Cerale di Camandona, abitata prevalentemente da margari che praticavano la transumanza, ricca di dipinti eseguiti con l’intento di affidare alla protezione celeste la tutela delle abitazioni disabitate per un lungo periodo dell’anno. Altri affreschi sono stati invece restaurati per impedirne il completo degrado: è questo il caso delle raffigurazioni sindoniche, oggetto di uno specifico progetto di ricerca, come pure di altri dipinti esistenti in vari comuni.9 Del resto occorre rilevare come non sempre il restauro garantisca di per sé la conservazione dell’opera, essendo la stessa soggetta a una serie di fattori esterni quali ad esempio la protezione, l’esposizione al dilavamento, lo stato del supporto, la presenza di umidità di risalita ecc. Quale futuro per questo patrimonio? Le considerazioni sopra espresse rendono evidente che i dipinti devozionali potranno essere conservati soltanto se la comunità biellese se ne vorrà “riappropriare” riconoscendo il loro significato e il loro interesse, che travalica l’aspetto religioso. Non mancano esempi di messa in valore e volontà di recupero e conservazione che pare opportuno sottolineare: è questo il caso della ricollocazione fotografica degli affreschi opera dei De Bosis strappati a Candelo alcuni decenni orsono.10 Anche l’iniziativa attivata a Trivero nel 1984 dalla nostra associazione in collaborazione con la Pro Loco andava in questa direzione: venne affidata ad alcuni artisti selezionati l’esecuzione di dipinti a soggetto religioso sui muri di una decina di abitazioni scelte accuratamente, con l’intento di mantenere viva una tradizione ben radicata. Questa operazione ha prodotto effetti positivi ed è stata poi riproposta a seguito delle richieste pervenute da parte dei proprietari di altri edifici. Una iniziativa simile è stata attivata a Bioglio negli anni scorsi. Sarebbe opportuno considerare anche le potenzialità turistiche di questo patrimonio iconografico. Potrebbero infatti essere predisposti alcuni percorsi di “scoperta”, come ad esempio nella frazione Barbato di Trivero, che conserva dipinti di particolare interesse. Tali percorsi andrebbero adeguatamente supportati da materiali didattici ed informativi predisposti utilizzando anche le nuove tecnologie di comunicazione. Alcune manifestazioni specifiche, come ad esempio la “Borsa dei percorsi devozionali e culturali” di Oropa, potrebbero fornire utili indicazioni in tal senso. Note 1. G. Vachino, I dipinti religiosi nel Biellese: arte e devozione popolare, in «Studi e ricerche sul Biellese», bollettino DocBi 1993. 2. Tra questi il libretto degli schizzi preparatori di alcuni dei dipinti eseguiti dal pittore Valentino Rondi a Casapinta e lo spolvero del dipinto raffigurante la Madonna di Oropa realizzato a Pratrivero (Trivero, n° 43). 3. Cfr. lettere di Federico Zeri (archivio DocBi). 4. Angelo Stefano Bessone e Sergio Trivero hanno pubblicato quattro monografie dedicate agli ex voto del santuario di Oropa; a queste hanno fatto seguito gli studi delle tavolette conservate nel santuario di Graglia e quelle appartenenti alla comunità di Sordevolo. A Fausto Berti e Susanna Peraldo si deve lo studio degli ex voto conservati nel santuario del Mazzucco; Ido Novello ha studiato, e restaurato, gli ex voto del santuario del Cavallero. Quelli del santuario di San Giovanni sono stati pubblicati da Sergio Trivero e Giovanni Vachino. 5. Nell’ambito del DocBi quest’ultimo aggiornamento della schedatura è stato affidato ad Elisabetta De Biasio che ha curato la verifica e l’inserimento nel database dei dati e delle immagini provenienti dai vari collaboratori “esterni”. Nadia Botalla Buscaglia ha condotto a termine l’operazione curando l’aggiornamento dell’iconografia e la predisposizione della pre-impaginazione mediante la sintesi delle schede. Nel corso di quest’ultima fase occorre segnalare il significativo apporto di molti consiglieri del DocBi (Carlo Bozzalla Pret, Pierangelo Costa, Bruno Cremona, Giuseppe Fabbris, Mauro Mazzia, Roberto Pozzi, Gianni Valz Blin, Marcello Vaudano, Enzo Vercella Baglione, Giorgio Zublena) che si sono fatti carico di riverificare ed integrare le schede che, per quanto ultimate, presentavano ancora delle lacune. Durante queste operazioni sono stati acquisiti ed inseriti nella schedatura altri dipinti sfuggiti ai precedenti censimenti, assieme a quelli eseguiti negli ultimi anni. A tale proposito è doveroso segnalare in particolare l’azione di Giuseppe Fabbris, vero “cacciatore” di dipinti. L’impaginazione definitiva è stata condotta da Mauro Lampo con la consueta cura e precisione. L’editing è dovuto, anche in questa occasione, a Marcello Vaudano. 6. I comuni che conservano il maggior numero di dipinti sono i seguenti: Trivero (114), Biella (98), Camandona (70), Mongrando (57), Pralungo, Curino e Bioglio (55), Pettinengo (48), Masserano (45), Mosso (42), Sordevolo (33), Graglia e Andorno (32), Tavigliano (29), Strona (27), Pollone (27), Quittengo (22), Occhieppo Superiore, Roasio e Sostegno (20). I dati quantitativi sopra indicati si riferiscono al database e comprendono quindi anche i dipinti che non sono stati qui pubblicati per motivi diversi. A questi comuni più “ricchi” fanno riscontro quelli nei quali non sono stati rinvenuti dipinti: Cerreto Castello, Gifflenga, Vallanzengo, Valle S. Nicolao e Villanova Biellese. 7. Sull’attività dei Mazzietti cfr. Ido Novello, Pietro Mazzietti, pittore in una dimensione quotidiana, Bollettino Docbi 1987-88. 8. Nella frazione Barbato di Trivero sono stati recentemente distrutti due dipinti ottocenteschi a seguito dei lavori di ristrutturazione di un edificio. Lo stesso è avvenuto nella frazione Zoccolo. Sempre a Zoccolo è stato deliberatamente cancellato un dipinto esistente sulla facciata di un edificio acquistato da un adepto di una setta religiosa. L’esposto inviato al sindaco ed alla Soprintendenza non ha sortito alcun effetto. Anche nel comune di Mosso è stata cancellata un’immagine sacra realizzata nell’edificio abitato da alcuni extracomunitari. 9. Tra i dipinti murali restaurati per iniziativa del DocBi ricordiamo quello quattrocentesco di Sostegno, quelli raffiguranti la S. Sindone e S. Pietro Martire a Biella Piazzo, quello nella fraz. Marchetto di Mosso, due altri nella frazione Cerale di Camandona, quello della frazione Livera di Pettinengo e tutti quelli, già citati, esistenti nel comune di Guardabosone. È stato inoltre curato lo strappo di un dipinto a Crocemosso per preservarlo dalla distruzione. 10. Cfr. il pieghevole La preghiera dipinta, edito dall’Ecomuseo della Vitivinicultura di Candelo. TORNA ALL'INDICE |
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